mercoledì 10 aprile 2019

ALCOL VERSATO

'Alcol versato' è il titolo del mio secondo racconto. Parla da Karina, una ragazza come tante. Come me, e come te.
Spero vi sia gradito.

Karina ha 17 anni, vive in piccolo paesino con una famiglia che sembra una di quelle del Mulino Bianco: perfetta.
Eppure la vita di Karina, da un giorno all'altro, si trasformerà in un incubo amaro.

Con i suoi capelli lunghi e ricci incanta tutti, è sempre così carina e disponibile con chiunque incontri che raramente qualcuno ce l'ha con lei.

Come ogni mattina si sveglia, si lega i capelli perché odia portarli sciolti, sono scomodi. Un paio di jeans, una t-shirt, sneakers e il giubbetto in pelle, ed è pronta a conquistare il mondo.

È fine febbraio, Karina deve uscire presto al mattino per andare a scuola, quindi è ancora buio quando chiude la porta dietro di sé.
Scende velocemente le scale, è contenta questa mattina, in realtà lo è tutte le mattine perché non c'è nulla che vada davvero male nella sua vita.
Mentre si incammina verso la stazione, inserisce le cuffie nelle sue orecchie e la musica metal esplode come una bomba nelle sue orecchie. Canticchia un po', tanto è sola in strada, nessuno può sentirla.
Le foglie degli alberi attorno a lei danzano dolcemente e sembrano quasi accompagnare Karina nel suo canticchiare.

È quasi arrivata in stazione ormai ma ancora nessuno si vede per strada, è lì da sola, tra gli alberi e le macchina parcheggiate con un lenzuolo sul vetro per impedire che esso si geli. 

Ora imbocca un sentiero più oscuro del solito, è la via più veloce per arrivare in stazione, come una scorciatoia. Sente i primi uccellini sopra di lei, alza lo sguardo e sorride alla primavera che sta per arrivare mandando via il freddo inverno.
Insieme al canto degli uccellini, sente anche il tonfo di una bottiglia caduta a terra. I pezzi in frantumi. Karina si volta per capire chi mai avesse potuto lanciare una bottiglia per terra. È un ragazzo, non sa chi sia ne da quanto tempo si trovi dietro di lei, fino a poco tempo fa era sicura di essere sola, come tutte le mattine.
Cerca di ignorare l'accaduto, va avanti ma un brutto presentimento la costringe a voltarsi indietro nuovamente. Il presentimento era corretto: quel ragazzo continua a camminare verso di lei, la fissa con i suoi occhi rossi chissà se dovuti al fumo o al piano. Magari ad entrambi. 
Si sofferma a guardare il volto del ragazzo: grandi occhiaie gli 'abbelliscono' il viso già scavato. Sguardo disperato. 
Karina si rivolta ed è decisa ad arrivare in stazione il prima possibile. Vuole allontanarsi da quel misterioso ragazzo.

Inizia ad affrettare il passo, forse è solo spaventata ed è l'ansia a spingerla a comportarsi in questo modo ma preferisce comunque andare via da quel sentiero che ora gli sembra vuoto, troppo vuoto e buio.

Purtroppo, così come lei, anche quel ragazzo inizia a camminare più velocemente. 
L'afferra per lo zaino con così tanta forza da gettarla per terra.
Karina cerca di indietreggiare  ma la prende per la maglia e la spinge contro il muro. Un urlo si blocca, congelato, nella gola della ragazza che non vede più via d'uscita.

<< Io sono come lui. >> Sussurra il ragazzo avvicinandosi.
Si abbassa i pantaloni.
Poggia una mano sulla bocca della ragazza per impedirle di parlare, con l'altra le abbassa i jeans.


L'ultima cosa che vedono gli occhi di Karina è la medaglia attaccata al suo zaino con inciso sopra il suo nome.

1 commento:

  1. da brividi.. complimenti per aver saputo narrare così bene una storia del genere! continua così ❤❤

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