sabato 12 gennaio 2019

UNA DONNA DI OGGI: Rosa Parks


Rosa Luise Parks è nata il 4 febbraio del 1913 a Tuskegee.
Durante il periodo storico in cui Rosa si colloca, le persone di colore negli Stati Uniti venivano trattate peggio di animali perché non essere bianchi era considerato un crimine.
Le persone di colore affrontavano giornalmente episodi di razzismo e non potevano ribellarsi perché farlo sarebbe stato contro legge.
Così un giorno, il primo dicembre del 1955, Rosa Parks, mentre ritornava dal lavoro in autobus, decise di sedersi al primo posto nella sezione dedicata alle persone bianche perché non c'erano altri posti disponibili. Non ci è voluto molto tempo prima che qualcuno la cacciasse da quel sedile perché non le apparteneva. Più precisamente ci sono volute solo tre fermate per cercare di fermare la lotta tacita che Rosa stava mettendo in atto sedendosi lì. Una persona bianca salì sul mezzo e pretendeva che Parks si alzasse perché quel posto non era suo, lei, donna nera, non era degna di sedersi nella sezione dei bianchi.
La donna rimase in silenzio ma da quel sedile nessuno l'ha fatta alzare, né il passegero né l'autista. Quest'ultimo ha persino dovuto chiamare la polizia per rimuovere Rosa da quella postazione. Venne arrestata.
Dal giorno successivo, per 381 giorni consecutivi, la comunità statunitense delle persone di colore decise di non usufruire più dei pullman pur di portare avanti la lotta inizata da Rosa Parks.
Solo dopo più di anno, il caso della donna, emblema delle condizoni delle persone di colore, è stato portato davanti ad un giudice che finalmente ha constatato che l'atteggiamento razzista attuato contro di lei sull'autobus era anticostituzionale.
In questo modo, da quel giorno ella diventa simbolo e colonna portante di tutti gli atteggiamenti e i sopprusi dei quali chi non aveva la pelle bianca era stata vittima.
Rosa Parks, icona e mito da seguire ancora oggi, muore il 24 ottobre del 2005 a Detroit con la consapevolezza che la sua esistenza ha cambiato il nostro modo di vivere e pensare.

domenica 6 gennaio 2019

Racconto primo: la ragazza che ama la pioggia.

Ellie si sveglia pian piano, sedendosi sul letto ad una piazza e mezza. 
Apre gli occhi e vede la sua solita camera: pareti nere, tende bianche. Qualche pianta qua e là, una scrivania sulla quale poggia un computer portatile. Una pila di libri da leggere. Ellie ama leggere ma ogni volta ha paura di iniziare un nuovo libro, le manca il respiro alla sola idea. Quindi legge poco, a volte neanche li finisce i libri. Anche i finali la spaventano, tanto quanto gli inizi. 
Scende dal letto e i suoi piedi toccano il pavimento gelido; questo contatto così freddo le causa un brivido lungo tutta la schiena. 
Sposta delicatamente le tende con la mano e dalla sua enorme finestra vede il cielo. Oggi piove, pensa Ellie.
Lei ama la pioggia.
Non ama solo osservarla con una coperta addosso, un thè in mano.
Ama correre sotto la pioggia, sentire quelle goccie d'acqua ricoprirle il corpo.
Ama la pioggia e basta.
Sempre osservando il cielo plumbeo, pensa a che giorno sia oggi: è domenica, niente scuola, niente lavoro.
Lei frequenta l'ultimo anno alle superiori, è la maggiore di quattro fratelli più piccoli. Sono tutti i maschi. Sono tutti delle pesti.
Non sa ancora cosa studierà dopo, sa solo che studierà. Magari sceglierà fisica, la fisica le piace; le dà la possibilità di spiegare il mondo e i suoi fenomeni e lei adora capire come tutto è fatto.
Lavora anche, oltre ad andare a scuola. Fa da babysitter ad un paio di bambini. Non le basta la confusione che i suoi fratelli creano in casa.
Fa colazione, si lava, si veste ed esce. Andrà a zonzo per il paese con le cuffie nelle orecchie e ascolterà un po' di musica rock.  Ama passeggiare per le strade del suo piccolo borgo immerso nel verde, le dona un senso di pace interiore. 
Ellie non è la classica ragazza che la domenica esce con gli amici. Preferisce starsene da sola a passeggiare, correre o magari disegnare che è un altro dei suoi passatempi.
Quasi mai sta con gli altri, se lo fa è perché è costretta in un modo o nell'altro a farlo. D'altro canto le persone che l'hanno vista crescere hanno sempre pensato che fosse un po' strana. 
Insomma, Ellie passa i sabato sera a casa, non c'è mai stata un'eccezione. Quasi come se il mondo che aveva visto appena nata l'avesse già delusa all'epoca.
Strana. Pensavano proprio quello di lei.
Ma cos'e davvero strano?
L'opposto di normale?
E normale? Definiamo cosa sia 'normale'.
Lei è a conoscenza di queste voci e ci gioca un po' su. Come quella volta che ha raccontato a tutti di aver mangiato la coda di un topo non ancora del tutto morto. Per far sì che la storia non perdesse di credibilità, aveva scattato la fotografia di un topo morto, mentre lo teneva per la coda; ha fatto anche uno scatto successivo: la coda del topo ridotta a minuscoli pezzettini in un piatto con tanto di pepe e sale.
Tutti le avevano ovviamente creduto.
Le piaceva notare le diverse reazioni delle persone, per questo le stuzzicava un po'. Forse avrebbe dovuto partecipare ad un corso di teatro, sarebbe stata di sicuro molto brava.
In fondo, però, anche lei sa che c'è qualcosa che proprio non va in lei. 
È diversa, magari non strana, non riesce a  dare una definizione a un termine del genere. Ma si vede diversa. Si sente diversa.
Non solo nelle cose che le piace fare ma in tutto.
Non è connessa al mondo. Non lo sente dentro, come se non ci vivesse. Come ho detto, Ellie si sente come se il mondo già dal giorno della sua nascita l'avesse delusa.
Non sente quello che sentono gli altri. Non sente quella spinta empatica che dovrebbe spingere le persone ad aiutare le altre, a farle stare meglio.
Difatti a lei non importa essere una persona che va d'accordo con le altre persone.
È come se nel suo corpo ci sarebbe dovuto essere un bottone che, una volta schiacciato, le avrebbe permesso di essere un po' come gli altri.
Lei quel bottone sente di non averlo.
Da quello che ricorda è sempre stato così.
Non riesce ad accendersi.
Per questo motivo non in molti le si sono avvicinati. Il più delle volte accade per curiosità ma Ellie li chiude fuori da se stessa che alla fine nessuno più ci ha provato.
Lei non ci fa più tanto caso a chi si avvicina e a chi non lo fa. Vive così la sua vita.
Quel giorno ritorna a casa. Si addormenta. Si risveglia nel pomeriggio inoltrato, cena e rimane sveglia tutta notte a girovagare sul web.
All'improvviso, verso le due di notte le arriva una mail contenente un video.
È pieno di colori, di forme, una voce sovrasta la musica che viene messa come sottofondo. Una musica che ti stordisce sempre di più man mano che la senti.
Invece la voce che sente è forte, autoritaria.
Una voce che lei, mai l'ha sentita.
La rapisce, la porta via dal suo mondo per trasportarla in un altro.
Quella sera non va a dormire.
Rimane sveglia con quella voce in testa. 
Va a scuola il giorno dopo, e il giorno dopo ancora e quello dopo ancora.
Ogni notte riceve una mail diversa, ogni notte rimane sveglia fino a tardi per ascoltare quella voce.
Inizia ad avere sempre più occhiaie sotto gli occhi.
Con il passare del tempo si isola sempre di più, inizia a non andare più a scuola, a non fare più la passeggiata domenicale. Smette di essere la babysitter dei due bambini.
Tutto quello che fa dalla mattina alla sera è ascoltare quella voce.
Ormai è dentro di lei, non riesce più a liberarsene.
Capisce che forse c'è qualcosa che non va, inizia ad avere paura.
Eppure rimane lì a fissare uno schermo di cui è ormai prigioniera.
Prigioniera di una voce che è entrata nella sua testa e non la lascia più andare, non la lascia più libera.
I giorni passano, le occhiaie aumentano, il peso diminuisce.
Inizia a sparire, pian piano sotto gli occhi di chi è sempre stato abituata alla sua presenza invisibile.
Il respiro diventa più pesante ogni volta che utilizza il computer per la paura di quella voce ma Ellie sa che ormai è troppo tardi.
Troppo tardi per liberarsi di una droga che le succhia via la vita lentamente. È sbagliato, tutti lo sanno. Eppure eccoci qui a diventare dipendenti da qualcosa che sappiamo ci distruggerà.

La ragazza che amava la pioggia un giorno divenne anche lei pioggia effimera. Passeggera. 
La ragazza che amava la pioggia si è lasciata andare, non esiste più.

Quella voce le ha rubato l'ultimo battito del cuore.

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