mercoledì 25 novembre 2020

25 novembre, giornata contro la violenza sulle donne


Cari lettori e lettrici, siamo nel 2020 e la violenza sulle donne ancora esiste. Non solo quella fisica, ma quella psicologica. E non si tratta più solo di violenza, ma anche di slut shaming, victim blaming, cultura dello stupro e misoginia.

Il patriarcato esiste ancora, vivido tra noi, che cerca di distruggere il femminile in tutte le sue forme.
In onore delle donne e di questa giornata, ho deciso di chiedere ad alcune ragazze di parlare della loro esperienza personale.
Ecco la terza.

Ciao T.
Volevo iniziare questa lettera con degli insulti nei tuoi confronti, ma poi ho pensato che non ti meriti nulla. Neanche le mie parole così dispregiative. 
Meriti solo di sapere che di notte, il tuo tocco lo sento ancora. 
Che di notte, i tuoi video raccapriccianti, continuano ad andare avanti in loop; non ho la possibilità di cancellarli.
Che di notte, mi sento stupida. 
Perché mi sento così? Beh, perché credevo fossi un amico, e ti ho dato la mia fiducia. Ti ho persino chiesto di aiutarmi ad organizzare il mio 18esimo. 
Che grande errore che ho fatto, perché è proprio quella la sera che detesto di più, ormai. 
Hai rovinato il giorno del mio compleanno. 
A causa tua, ho avuto paura (forse ne ho tutt’ora) di rovinare il bellissimo rapporto che ho con il mio ragazzo e con i miei amici; appena ti vedo, una scossa di rabbia percorre tutto il mio corpo, ma è rabbia che si trasforma in panico. 

Spesso mi sono data la colpa. 
“È colpa tua, scema. Eri vestita in modo molto elegante, truccata bene, pettinata a modo. Gli hai chiesto una mano nel mettere in ordine le cose, magari per lui era un invito”.
Io, però, non gli ho chiesto altro. Né a parole, né con i gesti.

Quindi no, ragazze. Vestirci bene non è un invito. 
Avere un vestito corto non è un incitamento all’approccio, non è una richiesta di attenzione, per lo meno non un’attenzione sbagliata. 
Non siamo noi nel torto, non siamo noi quelle sbagliate. 

Avere paura, terrore, ribrezzo, è normale, ma dobbiamo farci sentire e parlare per chi non ha voce.


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